domenica 28 dicembre 2008

Il racconto di Natale di Raffaella Piccinni

Questo è il mio regalo per le persone a cui tengo, per gli amici, per chi quest'anno mi ha fatto arrabbiare, per chi mi vuole bene e anche per chi mi vuol male. Questo racconto vi stamperà un sorriso sulle labbra, ed è quello il mio regalo per voi! Lo so, non è molto ma quanto meno è sincero.

Il suo blog è http://psicotaxi.splinder.com

Natale è una lente d’ingrandimento, le emozioni si amplificano, i bambini sono felici, chi è solo si sente ancora più solo: i suicidi aumentano durante le feste. Dietro il finestrino del mio taxi la città scintilla di vetrine illuminate, la gente si muove in transumanza verso orge alimentari, i barboni accucciati lungo gli angoli della Stazione sembrano parte delle decorazioni luminose allestite dal Comune, rimossi quando si spengono, come quello trovato morto, ricoperto di brina, pareva un Babbo Natale di zucchero.

Natale è una fuga dall’angoscia, seppure il cielo è una lastra d’asfalto con quattro sputi simile a stelle, nella mia mente c’è l’idea di fiocchi che svolazzano come falene sotto i lampioni, le vetrine non vendono semplici oggetti ma fette di felicità. Sento un suono di campanelli e di canzoni tradizionali, non vengono dalla mia immaginazione ma dagli altoparlanti di un centro commerciale. Babbo Natale esce di corsa dalle porte scorrevoli, si fionda sul mio sedile posteriore come se precipitasse in un camino, non mi da’ neppure il tempo di chiedergli dove debba portarlo, “parti”, mi urla. 
C’è qualcosa che non va in questo Babbo Natale. Santa Clause dovrebbe avere le renne non un mitraglietta skorpion. Parto sgommando. È trafelato, vestito in rosso, la folta barba finta gli copre il volto, dal sacco dei doni affiorano dei soldi. “Gira a destra - mi dice – fermati qui, non spegnere il motore”.

Un secondo Babbo Natale, alto e magro, ci raggiunge correndo, la pistola inserita nella cintura ha lo stesso colore metallico della grossa fibbia quadrata, in una mano stringe il sacco di iuta, con l’altra si tiene il capello rosso, simile ad una lunga cuffia da notte incollata alla parrucca bianca. Ha il fiatone, l’abito rosso è troppo largo per il suo corpo sottile e spaventato. “Vai”, mi dice l’altro. 
Passiamo a prendere il terzo Babbo Natale, non ha bisogno del finto pancione imbottito, è troppo grasso per correre, se la prende comoda, passeggia lento con il fucile in spalla, neanche fosse a caccia di pernici.
“Ma che stronzo”, commenta il babbo smilzo
“Se corri attiri l’attenzione” gli risponde. Gli occhi sorridono sotto la folta barba sintetica, è orgoglioso del suo colpo perfetto.

Le telecamere di sicurezza hanno ripreso Babbo Natale che svaligiava il ricco incasso della Vigilia, l’identità nascosta sotto la tradizione. Esistono cose che ti aspetti di trovare al proprio posto, i pesci in un acquario, il treno sui binari, o un taxi lungo le vie della città, la maschera migliore che si possa indossare è la forma del consueto, per darsi alla fuga ha scelto il taxi, un’uniforme ordinaria come quella di Babbo Natale la sera della Vigilia.

Prima di scendere uno dei tre “Santana Clause” mi allunga una banconota: “Buon Natale, tassista”.